Quali sono i mezzi predisposti dalla legge per recuperare un credito?
Per il recupero crediti la legge appronta diverse procedure.
Nel caso in cui il credito sia incorporato in un titolo di credito (cambiale, assegno bancario o altri documenti ai quali la legge attribuisce la medesima efficacia), alla scadenza, questi divengono automaticamente esecutivi, ed è possibile procedere subito ad un’azione di recupero mediante precetto di pagamento.
Un’altra procedura assai utilizzata è quella del ricorso per decreto ingiuntivo. Si tratta di un ordine di pagamento (o consegna) dato al debitore dal giudice mediante decreto. Tale provvedimento può anche essere emesso (o divenire) esecutivo, garantendo al creditore di poter agire immediatamente e coattivamente senza intraprendere un’azione giudiziaria ordinaria. Il decreto ingiuntivo può però essere richiesto solo ove sussistano determinate condizioni.
Resta infine, qualora non siano esperibili le procedure sopra indicate, il ricorso ad un procedimento ordinario (con all’esito una sentenza), volto ad accertare l’esistenza e la consistenza del credito e a condannare il debitore all’adempimento.
Normalmente ogni azione di tipo giudiziario, è preceduta dalla cosiddetta costituzione in mora del debitore, che si sostanzia in un invito al pagamento fatto dal creditore al debitore per iscritto, dalla quale la legge fa scaturire determinati effetti.
Oltre a tali mezzi, che intervengono successivamente alla costituzione del rapporto obbligatorio, esistono delle specifiche garanzie, che possono essere inserite all’atto della stipula di un contratto, con lo scopo di aumentare le probabilità che il credito venga onorato.
Che significa “costituzione in mora” del debitore?
La costituzione in mora del debitore consiste nella richiesta fatta al debitore dal creditore, e per iscritto, di adempiere l’obbligazione. Tale richiesta viene comunemente inoltrata a mezzo piego o lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in modo da consentire di provare la data del ricevimento.
L’art. 1219 c.c. prevede che non sia necessario ricorrere alla costituzione in mora se:
l’obbligazione deriva da fatto illecito;
il debitore dichiara per iscritto di non voler adempiere;
l’obbligazione è a termine e la prestazione (o il pagamento) deve essere eseguita al domicilio del creditore.
Dalla costituzione in mora del debitore, la legge fa scaturire taluni effetti a beneficio del creditore.

Che cos’è un decreto ingiuntivo?
Un decreto ingiuntivo è l’ordine dato dal giudice al debitore di adempiere l’obbligazione assunta (es. pagamento di una somma di denaro o consegna di una cosa mobile determinata) entro un determinato periodo di tempo (normalmente 40 giorni). Trascorso tale termine, il decreto diventa esecutivo e si può procedere al pignoramento dei beni del debitore.
Il decreto ingiuntivo viene emesso su richiesta del creditore, ed ha il vantaggio di essere molto più celere e assai meno oneroso di un procedimento giudiziario ordinario. È disciplinato dagli articoli 633 e ss. del c.p.c. e richiede, per la sua emissione, la sussistenza di specifiche condizioni.
Contro un decreto ingiuntivo è possibile fare opposizione nei termini previsti dallo stesso decreto (normalmente 40 giorni)
Cosa fare per recuperare il credito contenuto in una cambiale?
La cambiale è considerata un titolo esecutivo dalla legge (R.D. n. 1669/33, art. 63). Nella pratica, questo comporta che, ove il credito non sia pagato alla scadenza della cambiale, è possibile procedere direttamente all’esecuzione forzata.
Il pagamento della cambiale dovrà essere chiesto formalmente a mezzo di un precetto (cioè un’intimazione ad adempiere) notificato al debitore. Se il pagamento della cambiale non interviene nei dieci giorni successivi alla notificazione del precetto, si potrà procedere al pignoramento e alla vendita forzata dei beni del debitore.
Una disciplina simile è stabilita per l’assegno bancario.
Cosa fare per recuperare il credito se il pagamento è avvenuto con assegno?
Anche l’assegno bancario, al pari della cambiale) è considerato dalla legge un titolo esecutivo (R.D. n. 1736/33, art. 55). Nella pratica, questo comporta che, ove il credito non sia pagato alla data indicata sull’assegno, è possibile procedere direttamente all’esecuzione forzata.
Il pagamento dell’assegno dovrà essere chiesto formalmente a mezzo di un precetto (cioè un’intimazione ad adempiere) notificato al debitore. Se il pagamento dell’assegno non interviene nei dieci giorni successivi alla notificazione del precetto, si potrà procedere al pignoramento e alla vendita forzata dei beni del debitore.
In caso di ritardo nell’adempimento di un contratto, si possono chiedere gli interessi al debitore?
Gli interessi sono dovuti di diritto, in ragione del tasso legale, dal momento della scadenza del credito e se il credito è liquido, cioè se è determinato nel suo ammontare (cosiddetti interessi corrispettivi).
In caso diverso gli interessi sono dovuti dal momento della costituzione in mora del debitore (art. 1224 c.c.).
Inoltre è sempre possibile stabilire convenzionalmente un tasso di interesse, che andrà a sostituirsi a quello legale, purché il saggio non sia considerato usurario (art. 1815 c.c.) e il relativo patto sia stipulato in forma scritta (art. 1284 c.c.).
Infine, in taluni casi, la giurisprudenza ammette il cumulo degli interessi legali con la rivalutazione monetaria. Ciò avviene per le cosiddette obbligazioni di valore, ad esempio per le ipotesi in cui il credito non sia costituito da una obbligazione pecuniaria, oppure per il risarcimento del danno derivato da inadempimento contrattuale.
Il D.L. 231 del 9.10.2002 (Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali) ha previsto inoltre che se il termine per il pagamento non è stabilito nel contratto, gli interessi decorrono, automaticamente, senza che sia necessaria la costituzione in mora, alla scadenza del seguente termine legale:
trenta giorni dalla data di ricevimento della fattura da parte del debitore o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente;
trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla data di prestazione dei servizi, quando non è certa la data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento;
trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla prestazione dei servizi, quando la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi;
trenta giorni dalla data dell’accettazione o della verifica eventualmente previste dalla legge o dal contratto ai fini dell’accertamento della conformità della merce o dei servizi alle previsioni contrattuali, qualora il debitore riceva la fattura o la richiesta equivalente di pagamento in epoca non successiva a tale data.

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