Qual è la definizione di “contratto” data dalla legge?
L’art. 1321 c.c. definisce il contratto come l’accordo tra due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.
Sono pertanto esclusi da tale nozione gli atti unilaterali (es. testamento) e tutti quegli atti che non hanno contenuto integralmente patrimoniale (es. matrimonio).
L’art. 1325 c.c. indica quali requisiti essenziali del contratto:
l’accordo delle parti ;
la causa (cioè la ragione socio-economica del contratto);
l’oggetto (ovverosia il contenuto del contratto, che deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile [art. 1346 c.c.]);
la forma, ma solo se richiesta dalla legge a pena di nullità.
Il contratto ha “forza di legge” tra le parti che lo stipulano, cioè vincola i contraenti all’esecuzione ciascuno della sua prestazione, predisponendo specifiche forme di tutela in caso di inadempimento, ma non produce effetti nei confronti di terzi, se non nei casi espressamente previsti dalla legge.

Si può cedere un contratto?
Si può avere la cessione di un contratto quando una parte (il cedente) di un contratto originario – purché a prestazioni corrispettive, da ambo le parti non ancora eseguito – stipula con un terzo (il cessionario) un nuovo contratto (di cessione), con il quale cedente e cessionario si accordano per trasferire al cessionario il contratto originario o meglio tutti i rapporti attivi e passivi, derivanti da esso. La regola generale vuole che il contraente ceduto esprima il suo consenso, anche in via preventiva (art.1407 c.c.).
Il contraente cedente è liberato dalle sue obbligazioni verso il contraente ceduto, salvo che questo non abbia espresso volontà contraria (art. 1408 c.c.). Se una delle prestazioni è già stata eseguita si potrà invece ricorrere alla cessione del solo credito, con le forme previste per questo istituto.
Qual è la disciplina per i contratti conclusi dai consumatori fuori dai locali commerciali e per i contratti conclusi “a distanza”?
Il D.Lgs. 15.1.1992, n. 50, dando attuazione ad una direttiva comunitaria, ha introdotto una disciplina a tutela dei consumatori che abbiano stipulato un contratto in locali diversi da quelli ove l’operatore commerciale svolge abitualmente la sua attività (intendendosi per consumatore la persona fisica che abbia concluso un contratto estraneo alla propria attività professionale).
La tutela del consumatore si sostanzia nell’attribuzione a suo favore di un diritto di recesso da esercitarsi nel termine di 7 giorni dalla data di stipula del contratto o dal momento successivo del ricevimento della merce. Questo diritto di recesso è irrinunciabile ed è nulla ogni pattuizione in senso contrario.
È obbligo del venditore consegnare la merce o il servizio entro 30 giorni dalla stipula del contratto. è inoltre obbligo del venditore informare adeguatamente il consumatore in ordine al diritto di recesso, in mancanza il termine per recedere diventa di 60 giorni.
Il recesso deve essere comunicato mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, o anche tramite telegramma o fax, purché sempre confermati da lettera raccomandata. Ancora a vantaggio del consumatore è stabilito che il Foro competente per le controversie civili è inderogabilmente quello del Giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore.
Per i contratti conclusi invece “a distanza” (nei quali rientrano anche quelli conclusi via Internet) la normativa (D.lgs. 22.5.1999, n. 185) è ancora più favorevole al consumatore, e prevede che il diritto di recesso possa esercitarsi entro 10 giorni, e che, in caso di mancata o imprecisa informazione, esso di estenda addirittura a 3 mesi dal ricevimento della merce o del servizio.
Qual è la differenza tra caparra penitenziale e caparra confirmatoria?
La caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.) è la più frequente e corrisponde alla antica consuetudine di consegnare all’altra parte una somma di denaro (o altre cose fungibili) a conferma del vincolo assunto. Se la parte che ha concesso la caparra si rende inadempiente, l’altra parte può recedere dal contratto e trattenere la caparra. Se inadempiente è la parte che ha ricevuto la caparra, l’altra parte può sempre recedere e richiedere il doppio di quanto versato.
Si tratta in entrambi i casi di facoltà concessa all’interessato che può comunque insistere per l’adempimento, e richiedere il risarcimento per l’ulteriore danno subito. Diversa è invece la funzione della caparra penitenziale (art. 1386 c.c.) che rappresenta il corrispettivo del diritto di recesso, stabilito convenzionalmente. Chi decide di recedere deve dare all’altra parte quanto pattuito a titolo di caparra penitenziale e l’altra parte non potrà chiedere altro.
Il contratto preliminare (o compromesso)
Il contratto preliminare (anche detto, impropriamente, compromesso) è l’accordo con il quale le parti si obbligano reciprocamente alla stipula di un successivo contratto definitivo. Con il contratto preliminare, in sostanza, non si trasferisce la titolarità di un bene, ma ci si obbliga a tale trasferimento in un secondo momento (ad es. perché si vogliono verificare la persistenza dell’interesse alla transazione, la sussistenza di determinati vizi, o perché ci si vuole riservare la possibilità di apportare modifiche). Il preliminare deve contenere già in sé gli elementi essenziali del successivo contratto definitivo.
Ove una delle due parti si rifiuti di stipulare il successivo contratto definitivo, l’altra parte potrà ottenere una sentenza (costitutiva) che produca gli stessi effetti del contratto preliminare.
La legge prevede che il preliminare debba avere la stessa forma prescritta per il contratto definitivo (art. 1351 c.c.), pertanto se si vuole vendere un immobile, il relativo compromesso dovrà essere redatto in forma scritta, a pena di nullità.
La legge 28.2.1997, n. 30, ha introdotto la possibilità della trascrizione presso la Conservatoria dei registri immobiliari del contratto preliminare che ha ad oggetto:
la promessa di trasferimento della proprietà di beni immobili;
la costituzione, il trasferimento, la modificazione di diritti reali immobiliari;
la costituzione di comunione su beni immobili;
la costituzione o modifica di servitù prediali, uso, abitazione.
Ciò a condizione che il preliminare risulti da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente. La trascrizione è resa possibile anche per gli atti soggetti a condizione e per quelli relativi ad edifici da costruire o in corso di costruzione.
Gli effetti cessano, e si considerano come mai prodotti, se entro un anno dalla data convenuta tra le parti per la conclusione del contratto definitivo, e in ogni caso entro tre anni, non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo. La trascrizione è cancellabile nel caso di comune accordo delle parti o se stabilito giudizialmente con sentenza passata in giudicato.

Studio Legale Incandela

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